domenica 3 gennaio 2010

di antonio rispoli

Un po' di storia italiana recente
post del: 03/01/2010 13:17
pubblicato da: Antonio Rispoli
In prossimità del 19 gennaio, data in cui il nostro governo festeggerà in pompa magna il decennale dalla morte di Bettino Craxi, rimango estremamente basito di tutte le manzogne che vengono dette a proposito dell'ex Presidente del Consiglio. Ora, che lo facciano i figli, Bobo e Stefania Craxi è normale: sia per il legame di sangue, sia perchè oggettivamente, se loro hanno sempre fatto la bella vita è stato grazie alle tangenti che il padre intascava. Che lo faccia l'attuale Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, idem: se Berlusconi ha le tre TV, lo deve alle tangenti che pagava a Craxi e in cambio delle quali ha ricevuto prima i cosiddetti "decreti Berlusconi" che gli consentirono di trasmettere a livello nazionale, cosa prima riservata alla RAI, e poi la legge Mammì, oltre ad una serie di altre leggi a favore; se è Presidente del Consiglio, Berlusconi lo deve alle sue TV e al fatto che Craxi e Dell'Utri gli hanno creato Forza Italia. Quindi senza Craxi e senza le centinaia di miliardi di lire che gli sono arrivati da ignoti benefattori, Berlusconi non sarebbe altro che un palazzinaro, nella migliore delle ipotesi. Di conseguenza, certi debiti, anche morali, vanno pagati. E fin qui ci siamo.
Ma la valanga di cretinate che vengono dette sui fatti, per distorcere come sono andate le cose, rappresentano un assurdo. Vediamo di sfatare almeno una parte dei miti che vengono raccontati.

- "complotto da parte della sinistra". Questa è la più antica e la più stupida. Che si basa innanzitutto su un dato: il complotto è stato organizzato dalla sinistra usando una persona che politicamente è di destra come Antonio Di Pietro. E già questo è da sganasciarsi dalle risate. Ma visto che nessuno lo ricorda, rammentiamo molto velocemente come andarono le cose. Viene arrestato Mario Chiesa per una tangente da 50 milioni (beccato in flagrante, non c'è discussione sul reato). Nella Prima Repubblica, per evitare che i magistrati intraprendenti indagassero sui politici, il "caso" aveva creato una strana e curiosa consuetudine: se qualche politico di secondo piano finiva nei guai con la legge, in poco tempo la Procura di Roma, "accidentalmente", scopriva che quello stesso politico indagato aveva commesso un altro reato, collegato al primo scoperto da altra Procura, ma più grave, commesso a Roma. Di conseguenza la Procura di Roma avocava a sè l'indagine (termine tecnico per indicare che le indagini le continuava la Procura di Roma, perchè questo prevede la legge), ma a causa del troppo lavoro, inevitabilmente il processo finiva per essere dimenticato in qualche armadio e andava in prescrizione. Anche con Chiesa, casualmente, avvenne la stessa cosa. Ma Di Pietro fece ricorso in Cassazione, sostenendo che in questo caso il reato per cui indagava Roma non avesse rapporti col suo e che lui doveva proseguire le indagini a Milano. La Cassazione esaminò il ricorso e dette ragione a Di Pietro. Attenzione a questo punto, perchè è un punto molto sottovalutato. Infatti, il fatto che Di Pietro vincesse il ricorso venne interpretatio dagli imprenditori (in quel momento parliamo di quelli milanesi) che non avrebbero avuto protezione da parte dei politici che pagavano. E quindi da quel momento cominciarono a fare la fila davanti agli uffici di Di Pietro per confessare i loro misfatti fornendo - mi si passi l'espressione - la corda con cui impiccare la classe politica.

- Il discorso alla Camera di Craxi: Questa è un'altra bufala da smentire. Cioè quella che vuole Craxi autore di un discorso alla Camera di grande senso politico, e di unità. In realtà, se qualcuno si degnasse di andarselo ad ascoltare, prima di parlarne a vanvera, si rende conto che il succo di quel discorso alla Camera è completamente diverso. E' un qualcosa che sta a metà tra un ricatto ed una richiesta di aiuto. In pratica Craxi disse: "Visto che chi più chi meno siamo tutti dei delinquenti, vediamo di fare una legge per bloccare l'attività della magistratura", sottintendendo: "Non vorrete che mi metta a raccontare tutto quello che so su di voi, vero?". Ma il clima non era adatto, in quel momento, per cui la Politica ebbe paura della rivolta dei cittadini.

- "I magistrati non hanno mai indagato quelli di sinistra": altra enorme balla. Basta ricordare non le indagini, ma la condanna di primo Greganti, detto il "compagno G", proprio per reati di questo genere. E ad essere indagati fu più o meno tutto l'estabilishment del PCI, ma non si poterono condannare e non era malafede. Mi spiego. Noi abbiamo avuto decine di persone che hanno raccontato che andavano da Craxi o da altri politici dell'epoca e pagavano a loro o ai segretari di partito o ad altri dirigenti. Ma nessuno ha mai detto: "Io sono andato da Occhetto e gli ho versato questa somma". Se si fa presente questo fatto, la risposta è: "Beh, ovvio, loro usavano le cooperative rosse". Allora esaminiamo quello che doveva essere all'epoca la prassi. Io imprenditore che intendevo fare qualcosa in una zona guidata dalla sinistra, secondo la vulgata comune, dovevo cedere una quota dei lavori in subappalto alle cooperative rosse, che poi finanziabvano il PCI (mi sto riferendo al periodo ante 1994). Il punto è che nessuno è riuscito a dimostrare la necessità di tale percorso. Non dico che non è vera, ma davanti ad un Tribunale non basta una vox populi. Servono le prove. Se nessuno le presenta, il discorso è chiuso, dal punto di vista legale.

- "Di Pietro è delinquente come tutti gli altri": ed anche qua, abbiamo una affermazione, sconfessata dai fatti. Antonio Di Pietro è stato indagato dalla Procura di Brescia più di 20 volte e contro di lui si sono costituiti almeno una cinquantina di capi di imputazione. Ma erano talmente fasulli che ogni qual volta si è arrivati davanti ad un Tribunale, lui ha sempre avuto ragione. Le accuse di Gorrini, del 1995 (di avergli dato una ;Mercedes e 300 milioni di lire perchè non indagasse su di lui) si sono rivelate false; e anzi si è dimostrato che Gorrini era una persona economicamente fallita, con problemi fin sopra i capelli, che era in vendita per dire più o meno qualunque cosa. E così via per tutte le altre accuse. Il Giornale, che si è sempre distinto nelle sue campagne stampa contro l'ex PM, ogni volta che è stato chiamato in Tribunale per questo, è stato sconfitto e condannato a pagare forti somme; quando non ha deciso - come nel 1997 - di accordarsi a pagare il risarcimento in via transattiva, in cambio del ritiro della querela. Nell'esempio che ho fatto nel 1997, il Giornale pagò 400 milioni di lire e Feltri fu costretto a dimettersi, dopo avere scritto una lunga lettera in cui ammetteva che aveva scritto solo balle contro Di Pietro. E così via per tutte le altre accuse che gli sono state fatte.

- "Craxi è morto da esule". Craxi non è morto da esule, ma da latitante. Nel 1994, per evitare un possibile mandato di arresto, dato che c'era la quasi totale certezza che non sarebbe stato rieletto, Craxi fuggì dall'Italia, come un vigliacco qualsiasi e andò a rifugiarsi nella sua villa ad Hammamet, protetto dal dittatore tunisino a cui Craxi aveva fatto diversi favori con i soldi dello Stato italiano. Dopo di allora, ben tre condanne, per un totale di 10 anni di reclusione, sono passate in giudicato; ed un'altra decina di processi sono stati interrotti in primo o in secondo grado quando è giunta la notizia della sue morte. Se Craxi avesse avuto i coglioni di affrontare le conseguenze di ciò che aveva fatto, avrebbe passato un bel po' di tempo in galera. Quindi questo è essere latitanti, nè più nè meno di uno dei boss mafiosi che ogni tanto si legge che vengono arrestati all'estero.

Mi sono limitato ad esaminare solo i dati che più di frequente vengono usati per parlare dell'innocenza di Craxi. Innocenza che sta solo nelle parole degli ignoranti e di chi è in malafede. Insomma, di persone che è bene non ascoltare mai.